00 22/03/2008 13:40
RAGIONAMENTI INTORNO ALLA POESIA
Il testamento di Tito

Da qualche giorno il Paradiso delle Voci Potenti, quelle allenate a battere la lingua sul tamburo, si è arricchito di un altro bel personaggio.

Prima o poi ci sarà qualche bel concerto, da quelle parti.

Io se fossi Dio
Non sarei mica stato tanto a risparmiare
Avrei fatto un uomo migliore.
Si, vabbè, lo ammetto
Non m’è venuto tanto bene
Ed è per questo, per predicare il giusto
Che io ogni tanto mando giù qualcuno
Ma poi alla gente piace interpretare
E fa ancora più casino.

Ciao Giorgio Gaber

Il testamento di Tito
E no, Cristo non è morto da solo, qualcun altro moriva lassù sul Golgota,anche se nelle nostre Vie Crucis i ladroni sono soltanto comparse da affiancare al giovanotto più bello del paese, che muore in croce con una corona di spine, tra le telecamere e le macchinette fotografiche, le pellicce delle signore e le minigonne delle ragazze.

No, più di due millenni fa non c’erano telecamere, non c’erano signore, c’era la morte lassù sul Golgota. Non la morte di Cristo Gesù, quella è roba da teologi,è la morte di Dio, Dio resuscita e muore cento volte al giorno, oggi. Muore tra il fumo del WTO e rinasce nel bisturi di Gino Strada a Kabul, questo Dio che dovrebbe essere una cosa di coscienza, una ricerca interiore, non un dittatore che detta le regole e stabilisce il bene & il male, il giusto & il peccato.

Io parlo della morte dell’uomo condannato al supplizio.

Io parlo di Tito.

Tito che muore condannato dall’uomo che si crede giusto. Tito una vita da diseredato, da criminale per necessità, senza moneta e senza un Dio in grado di ascoltarlo. Tito che secondo i dieci comandamenti finirà giù all’inferno.

Quanti Tito, signori miei, nascosti nel volto di un nero americano che attende la fine nella cella della morte?

Quanti Tito in una nigeriana lapidata, seppellita fino al collo?

Quanti Tito in un cinese che muore con una pallottola nel cranio?

Per quante volte ancora un povero Cristo senza Dio dovrà subire le condanne di un Pilato e di un mondo che se ne lava le mani?

E dove sono i figli più legittimi di Dio, i vescovi e i preti, quando i barboni muoiono di freddo nelle città, perché le porte dei templi rimangono chiuse?

Non è condannare il povero, questo?

E Voi, non predicavate la povertà?

Perché altari e colonne d’oro, ma cosa ci ha insegnato Madre Teresa?

E questa la religione che vogliamo?

La religione della domenica mattina?

Ma la fratellanza è il bambino nero che si tiene per mano con il bambino bianco sotto gli occhi del Papa e gli applausi dei fedeli?

Ma questo è teatro, questa è finzione, questa è roba da coglioni.

La fratellanza è un concetto più alto, la pace non è una colomba su sfondo azzurro.

Guai a privare le parole dei loro significati più alti, riducendo tutto ad un lurido simbolismo.

Ogni giorno è Natale, ogni giorno è Pasqua, non si deve essere più buoni, questa è una grande stronzata. Ogni costrizione partorisce figli storpi. Non si devono ricordare i dieci comandamenti; ama e fa ciò che vuoi, diceva Sant’Agostino.

Si deve onorare la vita, attraverso le donne anche, attraverso il desiderio,l’invidia è ben altra cosa, desiderare invece è umano.

Amare è il comandamento più alto, amare la Vita che è un dono grandissimo da non sprecare attraverso il dolore ricercato che quasi tutte le grandi religioni vanno proclamando, la gioia non sta nel martirio kamikaze e neanche nello scambiarsi un convenzionale segno di pace con il cuore denso di rancori e odi repressi, amare la Vita è amare il mondo, la natura, i colori, gli odori, gli animali, gli uomini e le donne, combattere per un idea ma non incarognirsi l’animo contro chi la pensa diversamente.

Dio è una parola usata a sproposito.

In nome di dio, e con la sua croce sugli scudi, abbiamo sterminato (civilizzato) popolazioni di infedeli, come se la nostra fosse l’unica fede possibile in un mondo di religioni improbabili.

Di Dio si riempiono la bocca porci e cani, c’è più religione nella bestemmia di un pazzo che muore di dolore che nella preghiera di un cardinale che vive da principe, è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri in paradiso.

Tito ha violato tutti i comandamenti, ma non ha causato dolore.

“(non me ne frega) un bel cacchio di mettere in musica la propaganda dell’ufficio stampa di Gesù Cristo” Fabrizio De André a proposito della scelta di aver scelto, ne La Buona Novella, di raccontare i Vangeli Apocrifi rispetto a quelli ufficiali.

a cura di Maurizio Perelli
[Modificato da Roby-Byro 22/03/2008 13:41]