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Il testamento di Tito - Fabrizio De André

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2008 13:41
20/03/2008 02:32
 
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Non avrai altro Dio, all'infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse, venute dall'est
dicevan che in fondo era uguale.
Credevano a un altro diverso da te,
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.

Non nominare il nome di Dio,
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:
ma forse era stanco, forse troppo occupato
e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano
davvero, lo nominai invano.

Onora il padre. Onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.

Ricorda di santificare le feste.
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che rigurgitan salmi
di schiavi e dei loro padroni
senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.

Il quinto dice "non devi rubare"
e forse io l'ho rispettato
vuotando in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di Dio.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di Dio.

Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l'ami, così sarai uomo di fede:
poi la voglia svanisce ed il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore,
ma non ho creato dolore.

Il settimo dice "non ammazzare"
se del cielo vuoi essere degno.
guardatela oggi, questa legge di Dio,
tre volte inchiodata nel legno.
guardate la fine di quel nazareno,
e un ladro non muore di meno.
Guardate la fine di quel nazareno,
e un ladro non muore di meno.

Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo.
Lo sanno a memoria il diritto divino
e scordano sempre il perdono.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.

Non desiderare la roba degli altri,
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:
nei letti degli altri, già caldi d'amore
non ho provato dolore.
L'invidia di ieri non è già finita:
stasera vi invidio la vita.

Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti:
io nel vedere quest'uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l'amore.





A voi la parola.
[Modificato da Roby-Byro 20/03/2008 02:36]
20/03/2008 11:06
 
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sono al telefono con la papessa Ratzinga, anche lei adora questa canzone dice che è molto orecchiabile



20/03/2008 12:40
 
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Re:
Samucito, 20/03/2008 11.06:

sono al telefono con la papessa Ratzinga, anche lei adora questa canzone dice che è molto orecchiabile



Però! Ne capisce di arrangiamenti...e delle parole che dice?
20/03/2008 14:10
 
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che dire?
testo coraggioso, grande de andrè!



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21/03/2008 22:11
 
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chissà se sarebbe piaciuto a Telemann

ho scoperto oggi che la canzone dell'amore perduto cita l'adagio del concerto in remaggiore























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21/03/2008 22:38
 
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Re:
xni, 21/03/2008 22.11:

chissà se sarebbe piaciuto a Telemann

ho scoperto oggi che la canzone dell'amore perduto cita l'adagio del concerto in remaggiore



... e che somiglia a uno dei temi della colonna musicale di "Lezioni di piano".
Comunque sì, è una delle canzoni più coraggiose di De André, e "La buona novella" in generale è un album coi fiocchi, l'inizio di una nuova fase poetica e musicale per lui. Il suo rapporto con la religione, insieme polemico e reverenziale, ricorda molto quello di Pasolini (sebbene di un Pasolini meno tormentato), e comunque lui l'aveva già espresso a chiare lettere in una delle sue prime canzoni, di cui adesso non ricordo il titolo, in cui diceva a Gesù: tu per me non sei altro che un uomo, ma divino è l'atto d'amore che hai compiuto...
Il De André che preferisco, però, almeno come autore di interi album piuttosto che di singole canzoni, rimane l'ultimo, quello di "Creuza de ma" e di "Anime salve".
22/03/2008 13:40
 
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RAGIONAMENTI INTORNO ALLA POESIA
Il testamento di Tito

Da qualche giorno il Paradiso delle Voci Potenti, quelle allenate a battere la lingua sul tamburo, si è arricchito di un altro bel personaggio.

Prima o poi ci sarà qualche bel concerto, da quelle parti.

Io se fossi Dio
Non sarei mica stato tanto a risparmiare
Avrei fatto un uomo migliore.
Si, vabbè, lo ammetto
Non m’è venuto tanto bene
Ed è per questo, per predicare il giusto
Che io ogni tanto mando giù qualcuno
Ma poi alla gente piace interpretare
E fa ancora più casino.

Ciao Giorgio Gaber

Il testamento di Tito
E no, Cristo non è morto da solo, qualcun altro moriva lassù sul Golgota,anche se nelle nostre Vie Crucis i ladroni sono soltanto comparse da affiancare al giovanotto più bello del paese, che muore in croce con una corona di spine, tra le telecamere e le macchinette fotografiche, le pellicce delle signore e le minigonne delle ragazze.

No, più di due millenni fa non c’erano telecamere, non c’erano signore, c’era la morte lassù sul Golgota. Non la morte di Cristo Gesù, quella è roba da teologi,è la morte di Dio, Dio resuscita e muore cento volte al giorno, oggi. Muore tra il fumo del WTO e rinasce nel bisturi di Gino Strada a Kabul, questo Dio che dovrebbe essere una cosa di coscienza, una ricerca interiore, non un dittatore che detta le regole e stabilisce il bene & il male, il giusto & il peccato.

Io parlo della morte dell’uomo condannato al supplizio.

Io parlo di Tito.

Tito che muore condannato dall’uomo che si crede giusto. Tito una vita da diseredato, da criminale per necessità, senza moneta e senza un Dio in grado di ascoltarlo. Tito che secondo i dieci comandamenti finirà giù all’inferno.

Quanti Tito, signori miei, nascosti nel volto di un nero americano che attende la fine nella cella della morte?

Quanti Tito in una nigeriana lapidata, seppellita fino al collo?

Quanti Tito in un cinese che muore con una pallottola nel cranio?

Per quante volte ancora un povero Cristo senza Dio dovrà subire le condanne di un Pilato e di un mondo che se ne lava le mani?

E dove sono i figli più legittimi di Dio, i vescovi e i preti, quando i barboni muoiono di freddo nelle città, perché le porte dei templi rimangono chiuse?

Non è condannare il povero, questo?

E Voi, non predicavate la povertà?

Perché altari e colonne d’oro, ma cosa ci ha insegnato Madre Teresa?

E questa la religione che vogliamo?

La religione della domenica mattina?

Ma la fratellanza è il bambino nero che si tiene per mano con il bambino bianco sotto gli occhi del Papa e gli applausi dei fedeli?

Ma questo è teatro, questa è finzione, questa è roba da coglioni.

La fratellanza è un concetto più alto, la pace non è una colomba su sfondo azzurro.

Guai a privare le parole dei loro significati più alti, riducendo tutto ad un lurido simbolismo.

Ogni giorno è Natale, ogni giorno è Pasqua, non si deve essere più buoni, questa è una grande stronzata. Ogni costrizione partorisce figli storpi. Non si devono ricordare i dieci comandamenti; ama e fa ciò che vuoi, diceva Sant’Agostino.

Si deve onorare la vita, attraverso le donne anche, attraverso il desiderio,l’invidia è ben altra cosa, desiderare invece è umano.

Amare è il comandamento più alto, amare la Vita che è un dono grandissimo da non sprecare attraverso il dolore ricercato che quasi tutte le grandi religioni vanno proclamando, la gioia non sta nel martirio kamikaze e neanche nello scambiarsi un convenzionale segno di pace con il cuore denso di rancori e odi repressi, amare la Vita è amare il mondo, la natura, i colori, gli odori, gli animali, gli uomini e le donne, combattere per un idea ma non incarognirsi l’animo contro chi la pensa diversamente.

Dio è una parola usata a sproposito.

In nome di dio, e con la sua croce sugli scudi, abbiamo sterminato (civilizzato) popolazioni di infedeli, come se la nostra fosse l’unica fede possibile in un mondo di religioni improbabili.

Di Dio si riempiono la bocca porci e cani, c’è più religione nella bestemmia di un pazzo che muore di dolore che nella preghiera di un cardinale che vive da principe, è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri in paradiso.

Tito ha violato tutti i comandamenti, ma non ha causato dolore.

“(non me ne frega) un bel cacchio di mettere in musica la propaganda dell’ufficio stampa di Gesù Cristo” Fabrizio De André a proposito della scelta di aver scelto, ne La Buona Novella, di raccontare i Vangeli Apocrifi rispetto a quelli ufficiali.

a cura di Maurizio Perelli
[Modificato da Roby-Byro 22/03/2008 13:41]
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