00 20/01/2008 13:03
Riporto (anche) qui un articolo uscito su La Repubblica tempo fa e che riassume bene l'antipatia che nutro nei confronti di questo personaggio.


Viva Schönberg, abbasso Allevi



di Tommaso Rossi



Napoli




Povero Arnold Schönberg. Chi l’avrebbe mai immaginato che, dopo le tante persecuzioni subite in vita gli sarebbe toccata, ormai da morto e sepolto, anche quella del riccioluto pianista Giovanni Allevi. La condanna del giovane musicista marchigiano è senza appello: «musica che si è rinchiusa in una torre d’avorio e che ha smesso di avere un rapporto con il pubblico». Secondo Allevi, lo scorso 26 ottobre a Napoli a presentare il suo ultimo cd, la musica dodecafonica inventata da Schönberg «è come un baratro di incomprensibilità». Per questo il pubblico giovane avrebbe abbandonato le sale da concerto, sempre più frequentate da ascoltatori anziani. Liquidare Schönberg in quattro e quattro otto è davvero impresa notevole, considerato che il grande musicista austriaco non è soltanto il fondatore della Seconda Scuola di Vienna e il maestro di due personaggi come Alban Berg e Anton Webern (chissà cosa pensa di loro Allevi), ma è anche uno dei padri dell’espressionismo, movimento culturale e artistico che ha cambiato la storia dell’arte contemporanea, nell’ambito del quale Schönberg ha condiviso lavoro, fatica, scambio culturale niente di meno che con Kandinskij, uno dei padri della pittura contemporanea, pittore esposto nei più importanti musei del mondo, e quindi certamente anche fenomeno commerciale di portata enorme. D’altra parte Allevi arriva con qualche ritardo anche nel dichiarare la morte di Schönberg. Nel 1951 Pierre Boulez, tra i maggiori compositori viventi, in un suo famoso scritto intitolato per l’appunto «Schönberg è morto» spostava verso altri baricentri gli equilibri estetici della musica del XX secolo. Ciò che colpisce particolarmente del messaggio di Allevi è tuttavia la virulenza con la quale egli attacca il grande compositore austriaco e tutta la musica contemporanea, in maniera tanto forte da risultare quanto meno strana. L’impressione è che gli attacchi di Allevi siano ben guidati da una precisa strategia mediatica. In fondo, e lui lo sa benissimo, le vendite dei suoi dischi non hanno certo i numeri dei grandi fenomeni del pop. Cosa sono, infatti, 50.000 o 70.000 copie di fronte ai successi milionari delle grandi star della musica leggera? E, allora, Allevi punta a espugnare e invadere la nicchia non grandissima ma succosa della musica classica contemporanea, prendendosela con Schönberg, ma anche con i più attuali e nostrani Berio, Nono e Sciarrino. Dichiarando il suo amore per Chopin il pubblico non ha dubbi: egli fa musica classica contemporanea, quando, invece, a un ascolto attento delle sue composizioni, sembrerebbe che egli scriva semplicemente delle canzoni pop con qualche punta di minimalismo e di jazz, spruzzati all’occorrenza. Canzoni però eseguite al pianoforte, il più “classico” degli strumenti. In questo modo egli appare come vessillifero del recupero dei giovani alla musica classica, quando in realtà il suo messaggio è semplicemente diseducativo, perché egli non fa altro che pop travestito da musica classica. Se poi egli sia un bravo pianista sarebbe bello ascoltarlo proprio nel suo amato Chopin, così forse potremmo avere qualche punto di riferimento in più.